16 settembre 2011

Noci. Parenti spodestati, badanti in prima fila


Caterina Narracci, Parenti spodestati, badanti in prima fila. Ecco la vicenda di una famiglia che ha dovuto fronteggiare pretese e magagne di una collaboratrice straniera. (Settimanale Fax, ed. Noci, Anno XVI, n. 35, del 10 Settembre 2011, p. 12).

Sette anni fa, i famigliari di un’anziana quasi novantenne decisero di rivolgersi ad una badante a fronte dell’aggravarsi delle condizioni di salute della signora, affetta da Alzheimer. L’anziana non era più nelle condizioni di stare da sola e i tre figli non la potevano accudire perché tutti lavoratori o impegnati con le rispettive famiglie. Per rendersi conto di chi potesse fare al caso loro, i parenti chiesero in giro, come si fa quando si è in cerca di un operario per il lavoro. E fu così che s’imbatterono in una sorta di rappresentante del gruppo di badanti presenti a Noci (una specie di caporale, o “una chef” come alcuni dicono in paese). La chef indicò loro una delle badanti disponibili a prendere lavoro presso l’anziana: si trattava di una donna appena arrivata a Noci che non sapeva neppure parlare l’Italiano che, però, nel campo dell’assistenza agli anziani se la cavava benissimo, perché laureata ed esperta in pratiche mediche. La donna, poco più che quarantenne, veniva dall’Europa dell’Est come tante altre che lavorano nelle nostre città. Dalla famiglia, la badante percepiva una ricompensa e sin da subito si era affezionata all’anziana che trattava come fosse “la sua mamma”. I parenti, invece, si barcamenavano cercando di capirla in quella sua strana lingua mista tra Italiano e straniero. Sono stati i parenti a raccontarci i particolari di questa vicenda che vede per protagonisti una famiglia e una badante. Così, il tempo passava e la donna non pretendeva neppure il giorno di pausa durante la settimana, tuttavia riusciva a trovare sempre il tempo per uscire per andare ad acquistare medicine o fare la spesa, per intrattenersi quotidianamente con le amiche conterranee emigrate a Noci per lavoro, persino per andare al mare. L’aiutava l’abilità nelle pratiche mediche, che le consentiva di sbrigare l’assistenza all’anziana in poco tempo e in maniera più che efficiente. L’anziana, infatti, era sempre pulita e al massimo possibile delle buone condizioni che le consentissero il suo precario stato di salute e l’età che ormai aveva raggiunto il guado dei 90anni. Oltre a dare un fisso alla badante (800 euro negli ultimi anni), i parenti provvedevano a pagare tutte le utenze della casa e gli scontrini della spesa. Inoltre, i datori di lavoro l’avevano regolarizzata secondo la legge italiana. Ma gli scontrini si facevano sempre più onerosi e la famiglia cominciava ad avere dei sospetti. Ci si domandava come succedesse che una donna e un’anziana potessero spendere così tanto di luce e di acqua. L’ultima bolletta ammontava a 500 euro. E poi in casa c’era sempre un via vai di gente. I parenti scoprirono che la badante condivideva la casa dell’anziana con altre signore che provenivano dall’Europa dell’Est. Anzi i parenti ebbero il sospetto che col passare del tempo la loro badante fosse diventata la rappresentate, la leader o la chef di un certo gruppo di badanti presenti a Noci, proprio come quella che avevano incontrato all’inizio della loro ricerca; e che su ciascuna badante che piazzava, la donna percepisse una percentuale. Infatti, il via vai di gente comprendeva sempre persone diverse nella modesta casa di quell’anziana, che (poverina) non aveva più contatti con il mondo esterno. I più si domandavano come facessero a starci tutte, o tutti, in una stanza. Si ritiene che si adattassero, forse dormendo a terra dall’arrivo al giorno dopo quando avrebbero preso servizio presso le famiglie che avevano necessità, che le avevano commissionate. Intanto la badante non si perdeva un’uscita, concedendosi ogni svago mentre l’anziana signora era tenuta sempre in ottime condizioni, perfettamente pulita. Tra la badante e la famiglia cresceva il malumore; la necessità, però, metteva sempre tutto a tacere. È giunto infine il giorno in cui l’anziana signora è morta finendo di soffrire, come si dice da noi. Sembrava così anche per i famigliari, invece sono arrivati altri guai. Al funerale, la badante ha preteso di sedersi al primo banco in chiesa e da sola, persino davanti ai parenti perché considerava l’anziana come fosse sua madre. Eppure la signora forse non aveva mai avuto coscienza della sua presenza, e chissà se l’avrebbe mai scelta come figlia adottiva se la malattia non le avesse devastato il cervello. Ai funerali la badante ha preteso anche di stare con i parenti a ricevere le condoglianze e questi l’hanno accontentata per quieto vivere ed anche per ammissione che fosse grazie al lavoro di quella donna, che loro però avevano retribuito, e pure lautamente, se la povera anziana avesse trascorso in dignità gli ultimi anni della sua vita, cosa che loro forse non avrebbero potuto garantirle. Ma il peggio doveva ancora venire. Il giorno dopo il funerale la badante ha chiesto alla famiglia 20mila euro di buona uscita. I parenti, allibiti, questa volta hanno deciso di non abbozzare e si sono rivolti ad un legale, l’avvocato Giuseppe Sgobba. Dalle indagini effettuate per cercare di documentare la legittimità della richiesta, si è scoperto che la badante era stata denunciata da un’altra famiglia, quindi si è dimostrato che la donna, forte della conoscenza delle pratiche mediche, era riuscita a lavorare su più fronti. Inchiodata dall’evidenza dei fatti, tra famigliari e badante c’è stata una conciliazione sindacale e la donna si è dovuta accontentare (si fa per dire) di 2mila euro. “C’è un giro di piazzamento di bandanti – hanno detto a Fax i famigliari dell’anziana – Un giro che deve finire perché queste arrivano come le pecore e se ne vanno come i leoni. E speriamo che questa storia riesca a far trovare il coraggio di parlare, o di difendersi, a tanti altri che dopo la morte degli anziani con le badanti hanno avuto brutte sorprese”.
Etta Liotino

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